Quando posso ottenere la defiscalizzazione del credito?
Tutte le società o imprese che redigono un bilancio contabile possono trovarsi di fronte ad un credito inesigibile.
È in questo caso che può essere utilizzato lo strumento della defiscalizzazione del credito, un’opportunità fondamentale per pagare meno imposte.
Cosa significa “defiscalizzare un credito”
Uno dei rischi più diffusi in cui incorrono le imprese, è la presenza di crediti insoluti. Esistono diverse strade per ottenere la riscossione di una somma da un debitore, ma in alcuni casi il recupero del credito diventa impossibile.
È disponibile però uno strumento, previsto dal Testo unico delle imposte sui redditi e confermato dalla Agenzia delle Entrate, che è appunto la defiscalizzazione del credito, meglio definita come deducibilità delle perdite sui crediti, da utilizzare proprio nel caso in cui il credito risulti inesigibile.
Si tratta di una tecnica molto usata dal credit management che permette alle aziende di diminuire il reddito di imposta e quindi le tasse da pagare!
Quando ci troviamo di fronte ad un credito inesigibile
Per l’ammissione alla procedura della defiscalizzazione, è necessario prima di tutto capire quando un credito è considerato irrecuperabile. Secondo la legge 134/2012, si considera inesigibile un credito quando risulti scaduto da almeno 6 mesi e rientri nella categoria dei crediti di modesta entità, così come stabilito:
- 2500 euro per imprese con fatturato fino a 100 ml di euro.
- 5000 euro per imprese con fatturato oltre i 100 ml di euro.
Ora tutti gli altri crediti vengono considerati inesigibili secondo le norme vigenti, in sostanza quando le perdite risultano da elementi certi e precisi come:
- casi in cui il debitore sia sottoposto a procedura concorsuale come quella che rimanda all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese: per evitare il fallimento le società ritenute importanti non solo a livello economico ma anche sociale, superiori a 200 dipendenti, possono rientrare nella cosiddetta “amministrazione straordinaria delle grandi imprese”, per assolvere sia ai diritti dei creditori che salvaguardare gli interessi dei lavoratori.
- nel caso in cui il diritto alla riscossione, esercitato tramite il recupero del credito, non abbia dato buon esito.
- insolvenza;
- irreperibilità del debitore;
- fallimenti;
- liquidazione coatta amministrativa.
Quando sono state provate tutte le strade previste dalla legge per recuperare un credito e questo risulti inottenibile, è possibile dunque accedere alla deduzione delle perdite sui crediti.
L’irrecuperabilità di un credito è sancita solo in alcuni casi specifici:
- debitore irreperibile per latitanza o fuga accertate da decreto
- furto di identità del debitore
- assenza del debitore sulla base dell’art. 49 Codice civile
- quando falliscono tutte le azioni esecutive fatte dal creditore
- in situazioni di comprovata situazione economica precaria del debitore
- crediti di importi minimi
- cessioni dei crediti
- nei casi di transazioni e patteggiamenti
- quando il creditore rinuncia alla riscossione del credito
- quando una società di recupero crediti prova tramite una relazione che esistono situazioni certe di riscossione impossibile
- in caso di decesso del debitore
Il caso della prescrizione
Esiste un’altra situazione in cui è possibile portare a perdita il credito non riscosso, ovvero quando la riscossione è andata in prescrizione perché ha oltrepassato i 10 anni previsti dalla legge. La defiscalizzazione potrà essere utilizzata ma solo nel caso in cui sussistano elementi certi e precisi anche precedenti alla prescrizione, senza però superare il periodo d’imposta a cui il diritto si prescrive.
La cancellazione del credito dal bilancio
Per districarsi nella difficile materia fiscale, è sempre più importante che le imprese abbiano al loro fianco Credit Manager capaci, per individuare la strada più efficace per recuperare un credito o riuscire, nei casi più complessi, a diminuire il carico fiscale.
Esiste infatti un’altra strada per portare a perdita i crediti, anche in assenza di elementi certi e precisi come richiesto dalla legge. Questo accade quando si applica la cancellazione dei crediti dal bilancio, la perdita può essere così dedotta senza la necessità di presentare requisiti di certezza e precisione.
Riassumendo: il credito perso può essere dedotto nel periodo di imputazione in bilancio come componente negativa del reddito di un’impresa!
Inesigibilità del credito: cosa può fare il creditore
Stabilito cosa intende la normativa in vigore per credito inesigibile, può essere utile sintetizzare le diverse strade percorribili dal creditore, meglio se affiancato da esperti nel recupero crediti, per ridurre il carico fiscale.
In primo luogo il creditore ha il compito di individuare quando un credito diventa inesigibile in via definitiva. Se l’inadempienza che lamenta è presumibilmente temporanea, è da considerarsi infatti una perdita potenziale e non può essere in quanto tale contemplata al capitolo deducibilità.
Successivamente si andrà a considerare se il caso specifico rientra nei requisiti di più semplice interpretazione e dunque se i crediti inesigibili sono immediatamente documentabili. Se il credito è di modesta entità e si può provare che siano passati almeno 6 mesi dalla scadenza del pagamento, se sono state avviate procedure concorsuali a carico del debitore o accordi di ristrutturazione, se è passato il termine di prescrizione per riscuotere il credito, dovrebbe essere possibile accedere alla defiscalizzazione senza particolari criticità. Un consulente o un avvocato specializzato potrà eventualmente confermare la validità e l’utilità dei documenti in possesso del creditore.
Se il caso in oggetto fosse invece complicato dall’irreperibilità del debitore o dalla scarsa o nulla collaborazione nel risolvere la controversia, il creditore può trovare una via d’uscita richiedendo a una società di recupero crediti una relazione che attesti l’inesigibilità del credito. La società interverrà quindi con i mezzi a propria disposizione e seguendo le procedure standard previste dalla legge per ottenere il pagamento di quanto dovuto, per poi redigere un documento ufficiale attestante l’inesigibilità del credito qualora tutti i tentativi messi in atto dovessero fallire. La dichiarazione di inesigibilità è utilizzabile dal creditore ai fini della deducibilità del credito presso l’Agenzia delle Entrate.
In ultimo, il creditore in difficoltà nel recuperare un credito insoluto e che necessiti di rientrare quanto prima della liquidità attesa può, nel rispetto di alcuni requisiti, cedere il credito pro-soluto a una società terza o avviare una cartolarizzazione del credito. Così facendo trasferisce ad altri ogni obbligo da parte del debitore nei suoi confronti e ha la possibilità di mettere a bilancio la perdita come certa.
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