Quali sono i requisiti per la Deducibilità perdite su crediti?
Per capire come dedurre, dal bilancio di un’impresa, le perdite subite da un credito non riscosso, è necessario che derivino da elementi certi e precisi.
Questa è solo la prima regola generale a cui si aggiungono altri casi da chiarire, grazie al sostegno di consulenti esperti.
Un articolo per definire i confini della deducibilità
Di fronte alla crisi di liquidità subita da molte aziende in Italia, a causa delle molte fatture non pagate da debitori insolventi, gli imprenditori possono avvalersi della deducibilità della perdita sui crediti che non sono entrati in cassa.
Ma quali sono le strade da intraprendere? E soprattutto, quali sono i criteri per accedere alla deduzione delle perdite in bilancio?
Prima di tutto partire dalla legge, l’art. 101 comma 5 Tuir così cita: “le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologati …”.
Non tutti gli imprenditori però sono esperti in materia fiscale, è quindi importante individuare un partner esperto e specializzato per affrontare la gestione del credito ed ottenere così un minor carico di imposte.
Secondo l’ottica legislativa, è possibile fare una distinzione importante tra i diversi tipi di perdita:
- la perdita può infatti derivare da un credito non pagato da un debitore assoggettato a procedura concorsuale o che ha concluso un accordo di ristrutturazione;
- oppure le perdite possono derivare da debitori che non sono assoggettati ai casi sopra descritti.
La regola generale: certezza e precisione
È bene ribadire, che all’interno dell’articolo 101, viene chiarita la regola generale alla base della deducibilità delle perdite sui crediti, ovvero quei casi in cui sussistano elementi certi e precisi che definiscono queste perdite.
I casi per cui si evince la certezza e la precisione sono:
- crediti di modesto valore
- crediti il cui diritto alla riscossione è caduto in prescrizione
- crediti per cui il debitore ha definito un accordo di ristrutturazione
- quando vengono cancellati dal bilancio di un soggetto IAS adopter in dipendenza di eventi estintivi.
La deducibilità “in ogni caso”
I cavilli della normativa fiscale possono diventare veramente un incubo ad occhi aperti, soprattutto in un momento di transizione economica così difficile, quando le imprese devono combattere ogni giorno contro enormi ammanchi di cassa dovuti a crediti che non riescono ad incassare.
Esistono però dei casi di perdite da crediti, che l’articolo 101 comma 5 Tuir definisce “deducibili in ogni caso”, senza limiti e a partire dalla data:
- della dichiarazione di fallimento
- del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa
- del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo
- del decreto che stabilisce la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi
- del decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti
- dell’iscrizione nel registro delle imprese dei piani attestati di risanamento
- di ammissione alle procedure estere, se il debitore è assoggettato a procedure estere equivalenti a quelle interne, previste in stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni.
Casi particolari per la deducibilità: rinuncia al credito e transazione con la parte debitrice
La Cassazione si è espressa riguardo al considerare le perdite su crediti deducibili o meno distinguendo i casi in cui tali perdite derivino da un atto unilaterale di rinuncia al credito o al contrario da un accordo tra creditore e debitore.
Nel primo caso, il creditore esprime unilateralmente la volontà di rinunciare al credito, mosso da ragioni economiche o di altra natura che lo inducano a considerare la rinuncia la soluzione più corretta. Quando ciò accade è importante sapere che ai fini della deducibilità delle perdite sui crediti la Corte mantiene intatto l’onere per il richiedente di dimostrare l’irrecuperabilità del credito. Non è ritenuta in questo senso sufficiente alcuna semplice motivazione di opportunità rispetto alla rinuncia.
Diverso è il caso di una transazione con la parte debitrice, ovvero di una contrattazione tra creditore e debitore per porre fine al contenzioso. La transazione vede il creditore rinunciare in tutto o in parte al credito, e originare di conseguenza una perdita sui crediti, di comune accordo con la controparte, mettendo in atto un comportamento di per sé antieconomico ma finalizzato a ottenere altri vantaggi nati dal compromesso. In questo specifico caso la Cassazione considera ammissibile la deducibilità, partendo dal presupposto che l’interesse del legislatore è che sia stabilita la certezza e l’oggettività della perdita e non la causa all’origine della stessa. Non è altresì necessario che il creditore dimostri, in questo preciso frangente, di essersi attivamente adoperato nell’ottenere una sentenza che dichiari insolvente il debitore.
In sostanza, stabilito che una transazione con la parte insolvente non ha come effetto l’indeducibilità della perdita, purché questa risponda ai criteri di certezza e precisione, appare chiaro sia la soluzione da privilegiare al fine di ottenere i vantaggi fiscali auspicati.
Il periodo di competenza della deduzione di una perdita da crediti
Tra le tante domande che spesso vengono poste ai Credit Manager, quando si parla di deducibilità delle perdite da crediti, risulta essere frequente quella relativa al periodo di competenza. L’Agenzia delle Entrate ha stabilito che “la deduzione è ammessa nel periodo di imputazione in bilancio, anche quando l’imputazione è attuata in un periodo di imposta successivo a quello in cui sono stati evidenziati gli elementi certi e precisi…”.
Bisogna però fare attenzione perché la deduzione non è più consentita quando questa è stata applicata in un periodo d’imposta successivo a quello in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito dal bilancio.
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