Debiti ereditari: quali sono?

debiti ereditari quali sono

È previsto che al decesso di un debitore il creditore possa, in diversi casi ma non sempre, rivalersi sugli eredi per ottenere quanto gli spetta. Posto che un’eredità può essere rifiutata in toto, rinunciando a beni, crediti e debiti del defunto, è bene sapere quali debiti si ereditano nel caso invece si scegliesse di seguire un normale iter di successione e quali azioni può mettere in atto un creditore non ancora soddisfatto.

In base a quanto stabilito all’articolo 2740 del Codice Civile, un debitore è tenuto a rispondere delle obbligazioni con tutti i suoi beni, presenti e futuri. Tecnicamente, un creditore ha diritto di tentare di ottenere il pagamento degli insoluti per l’intera vita del debitore e anche oltre, in presenza di eredi. Quando si ereditano i debiti di una persona deceduta la si sostituisce difatti nella contrapposizione con i creditori, fermo restando la necessità che siano periodicamente interrotti i termini della prescrizione.

Distinzione tra debiti ereditari e debiti non ereditari

Tuttavia, non tutti i debiti contratti in vita da una persona passano in successione. Vanno distinti infatti i debiti cosiddetti ereditari da quelli che non lo sono. In linea generale, sono debiti ereditari i debiti non considerati di natura strettamente personale.

Quali debiti si ereditano

Rientrano tra i debiti ereditari:

  • mutui e finanziamenti in essere,
  • le fatture delle utenze domestiche scadute prima del decesso dell’intestatario,
  • le tasse relative al periodo di imposta in cui la persona era in vita (ma non le eventuali sanzioni correlate per mancato o tardivo pagamento),
  • le cartelle esattoriali (per quanto riguarda la quota capitale, restando invece esclusi gli interessi maturati per tardivo pagamento),
  • le spese condominiali di un appartamento ereditato, quando non ancora corrisposte e relativamente agli ultimi due anni.

Si trasmettono agli eredi anche le fideiussioni. Gli eredi in questo caso, subentrando al defunto, possono recedere dall’obbligo solo se questa opzione era prevista anche per il contraente, negli stessi modi e tempi.

Indipendentemente dalla tipologia di insoluto, i creditori che hanno la possibilità di rivalersi sugli eredi del debito terranno conto che questi lo diventano pro quota. Ciò significa che ciascun erede risponde delle obbligazioni contratte dal defunto esclusivamente in proporzione alla quota di eredità ricevuta. Fanno eccezione le imposte sui redditi e le imposte di successione, per le quali lo Stato ha la possibilità di avanzare richiesta a un solo erede (che poi si rivarrà sui coeredi), rientrando questo tipo di debito nei casi in cui è ammessa solidarietà passiva.

Se un erede non paga i debiti contratti dal defunto, il creditore può agire utilizzando gli stessi strumenti, stragiudiziali e giudiziali, normalmente in suo possesso in questo contesto, fino al pignoramento dei beni del debitore.

Vigente la cosiddetta responsabilità parziaria del debito, ciascun erede è tenuto a rispondere solo per la quota di debito ereditata e non è responsabile di eventuali controversie tra coeredi e creditori. Una volta saldata la propria quota di debito l’erede è quindi da considerarsi libero da ogni obbligo nei confronti dei creditori del defunto.

Va tenuto poi presente che esiste la possibilità di ereditare con beneficio d’inventario, mantenendo cioè distinto il proprio patrimonio da quello del defunto. In questo caso l’erede è tenuto a rispondere del debito unicamente con le somme ereditate. Non è richiesto quindi, indipendentemente dall’ammontare del debito, che versi ai creditori più di quanto ricevuto nella sua quota di successione.

L’accettazione con beneficio d’inventario rappresenta un istituto giuridico di estrema rilevanza per tutelare gli eredi da potenziali rischi patrimoniali. La procedura richiede un iter formale e documentato: l’erede deve presentare dichiarazione presso la cancelleria del tribunale civile competente o mediante atto notarile, corredata da un inventario dettagliato che censisca analiticamente l’asse ereditario. Il termine perentorio per tale adempimento è fissato in tre mesi dalla data del decesso, pena la decadenza dal beneficio.

È opportuno evidenziare che tale modalità di successione è tassativamente prevista per soggetti giuridicamente “deboli” – quali minori, interdetti o inabilitati – per i quali l’autorizzazione del giudice tutelare diviene condizione essenziale e imprescindibile.

Quali debiti non si ereditano

Resta ora da capire quando gli eredi non devono pagare i debiti e in quali casi dunque i creditori non hanno alcuna possibilità di rientrare delle somme spettanti.

Innanzitutto va precisato che sono esclusi da obblighi nei confronti dei creditori del defunto i legatari, ovvero coloro che hanno ricevuto in eredità un particolare bene e non una quota sul totale della successione.

Sono poi considerate obbligazioni strettamente personali e dunque non trasmissibili ereditariamente:

  • le multe stradali e più in generale le sanzioni di tipo amministrativo e fiscale,
  • le sanzioni di tipo penale (eccezione fatta per gli abusi edilizi, in caso si ereditasse l’immobile oggetto di successiva demolizione),
  • gli assegni di mantenimento per l’ex coniuge,
  • tutto ciò che rientra nella voce debiti di gioco e scommesse, le offerte di beneficenza a enti pubblici o privati.

Non è inoltre naturalmente possibile riscuotere presso gli eredi debiti ormai prescritti.

La prescrizione dei debiti ereditari

Il tema della prescrizione dei debiti ereditari si colloca in un ambito giuridico complesso, governato da principi di diritto civile che richiedono un’attenta valutazione cronologica e procedurale. Il nostro ordinamento stabilisce termini differenziati a seconda della natura dell’obbligazione: mentre per i rapporti contrattuali generici vige la prescrizione decennale, esistono significative variazioni per specifiche tipologie di credito.

Le utenze domestiche, ad esempio, seguono un regime prescrittivo quinquennale, con un’ulteriore peculiarità per i conguagli successivi al marzo 2018, per i quali il termine si riduce a due anni. Parimenti, crediti di natura previdenziale, risarcitori e stipendiali soggiacciono a una prescrizione quinquennale.

Elemento cruciale è infine l’interruzione della prescrizione, realizzabile mediante atti formali di messa in mora. Tali comunicazioni non solo interrompono il decorso dei termini, ma avviano un nuovo computo, prolungando potenzialmente l’efficacia pretensiva del credito.

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